LA TENDA ROSSA
TRACKS FOR ARCTIC
Il lavoro La Tenda Rossa è un’installazione che prende forte inspirazione dall’avvenimento del 1928 quello legato alla spedizione del Dirigibile Italia comandata da Nobile, la prima spedizione italiana scientifica al Polo Nord che si concluse tragicamente. Durante la traversata col dirigibile che parti dalle isole Svalbard, proprio nel momento in cui era arrivato al punto di magnetismo, l’aeromobile si spezzò in due e mentre una parte scomparve nel nulla con metà equipaggio ( non furono mai trovate tracce) l’altra metà cadde sulla banchisa, fortunatamente con le provviste e una tenda che fu macchiata di rosso con l’anilina in modo tale da poter essere vista dall’alto nell’eventualità dei soccorsi. Soccorsi che arrivarono grazie ad una frequenza radio che un membro dell’equipaggio persistette a mandare con la radio Ondina, costruita da Guglielmo Marconi, che si era salvata dalla caduta.
E’ proprio da questo rosso su bianco e dall’idea di frequenza vitale nel mezzo del nulla che manda segnali di estremo allarme sulla vita che parte il lavoro autobiografico di Tiziana Cera Rosco.
Nel 2018 trova per caso in un mercatino il libro Inferno Bianco che apre l’artista all’esperienza artica di questo avvenimento che diventa per lei conduttore di un momento decisivo della sua vita.
In procinto di partire per le Svalbard per andare in missione e cercare metaforicamente le voci dimenticate nell’acqua di quell’evento, il suo corpo le impedisce dipartire. Affetta da una malattia autoimmune, l’infiammazione le impedisce di stare nuda come bruciasse a contatto con l’aria e da allora la obbliga a vivere sempre coperta. La sua autonomia in nudo è di 2 minuti al giorno. Questa cosa cambia per sempre il suo modo di vivere, di fotografare e documentarsi.
Decide allora di trasformare lo studio in luogo bianco e di lavorare sugli “allarmi vitali” che il corpo da quando cade in un posto cosi fuori dal mondo e anche da se stesso.
Inizia cosi un’esperienza lunga 48 giorni ( tanti quanto furono i giorni dalla caduta sul pack all’arrivo dei soccorsi) di trasformazione dello spazio vitale in modulo abitativo desertificato, in cui l’artista, svuotandolo e dipingendolo di bianco, non lascia mai lo studio, porta con sé il suo nudo di sopravvivenza e gli elementi dai quali è definita come a costruire il bagaglio delle risorse, dei viveri da tenere nella tenda per sopravvivere. Tenda, che è rapprensentata alla linea rossa posta su pavimento e oltre la quale vengono appunto spostati gli elementi di sopravvivenza ricoperti poi da un reticolo di neon rosso che pulsa deciso e continuo nel buio delle notti dell’installazione.
Il lavoro porta con sé una scritta che dice Io Sono Scomparsa, come attesta anche l’ultima delle foto realizzate nel buio in cui di notte tutti gli elementi sono accesi e il corpo ( che apre tutto il lavoro di questo lungo progetto) risulta essere l’unica cosa spenta. L’artista vuole pararci della difficolta della sopravvivenza anche legata alla forza artistica: quando tutte le cose dalle quali sei determinata e che rappresentano il tuo linguaggio nel nulla le hai spinte fuori perché diventino frequenza di te stessa , comunicazione, e alla fine ti lasciano svuotata perché tutte quelle cose le hai messe fuori di te come allarmi per essere capita ma lo sforzo è stato tale che tu non ci sei più.
Tiziana Cera Rosco di questo lavoro realizza anche altre opere che richiamano il concetto di frequenza: Tracks For Arctic. Tenendo fede al materiale di cui riempie le sculture, la canapa, che per lei simboleggiano le radici vitali della sua terra, costruisce capillari aerei che rappresentano i suoni della radio con cui il comandante Biagi diede l’allarme per essere salvati. Costruisce cosi 9 pannelli, tanti quanti erano i sopravvissuti, e per ognuno scrive una partitura musicale.
Con l’insieme di tutti i capillari creati da queste frequenze costruisce poi un sembiante umano tenendo a mente la storia del terzo uomo presente in racconti di molti sopravvissuti ad esperienze estreme: sul punto di lasciarsi morire, qualcuno diceva loro di rialzarsi e come fare a riprendere vigore per riprendere calore e rimettersi in piedi oppure che nella conta dei sopravvissuti compariva, non esistendo realmente, sempre una persona in più nel numero reale delle persone effettivamente sopravvissute. Il terzo uomo per Tiziana Cera Rosco rappresenta la forza vitale che ricoaugula proprio da tutto quello che era stato esposto che l’aveva svuotata e viene in soccorso di noi, quasi come un altro da noi, quando non sappiamo quasi nemmeno più chi siamo.
Questo lavoro poetico e commovente ci riporta nella sua enigmaticità alla frase con cui il libro di partenza Inferno Bianco ci apre alla lettura dell’esperienza e che forse dovremmo tenere a mente nell’interpretazione del lavoro complessivo qui presentato.
“Che cosa andate a fare al polo?
La risposta era sempre imbarazzante, un po’ perché bisognava adattarla alla mentalità delle persone che ponevano il quesito, un po’ perché le nostre argomentazioni appartenevano ad un ordine di idee assolutamente antitetico, e rischiavano di apparir metafisiche.”
TRACKS FOR ARCTIC
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