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"Santa barbuta" performance, Museo Macro Asilo di Roma
"Santa barbuta" performance, Museo Macro Asilo di Roma
"Santa barbuta" performance, Museo Macro Asilo di Roma (Copertina santa barbuta)

Santa Barbuta fa parte del progetto più ampio Studio Su Bosh, a cura di A. Bavari e F. Losvizzero, per la  residenza artistica avvenuta nel dicembre del 2019 al Museo Macro Asilo di Roma.

Il titolo e l’intero programma della residenza a installazione continua di Tiziana Cera Rosco si rifanno ad un’opera di Bosh, il pittore olandese, dal titolo “Trittico della martire crocifissa”. La storia di quest’opera narra di una ragazza che, chiedendo la grazia di tenere fede al suo voto di castità e di dedizione a Cristo, ottiene il giorno prima delle nozze organizzate dal padre nonostante il diniego della ragazza,  il miracolo sorprendente e  deturpante della barba sul volto, un miracolo che le costa l’essere messa in croce dal padre per via del matrimonio che non fu più possibile celebrare.

L’artista indaga l’ambiguità riguardo al tema del miracolo, intitolando la prima parte della residenza proprio Preparazione al Miracolo, giocando così tra l’induzione al miracolo e l’attesa dello stesso.

Utilizza per questo installazione 70 ciocche di capelli femminili ritrovate in un cascinale e provenienti dal taglio dei capelli imposti alle novizie al momento di prendere i voti ( questa pratica è stata abolita dal 1962): lo spazzolamento delle ciocche che sembrano risorgere a vita nuova, la rimessa in ordine di questo gesto di sacrificio della bellezza per un’unione spirituale, il disporre e cucire le ciocche su un telo d’esposizione, fare dei capelli avanzati il materiale eccellente per exvoto acquatici come se proprio da quelle ciocche crescesse, tramite la preghiera ossia il salmo che viene trascritto nei quaderni legati agli ex voto,  la barba che nel trittico avvolge il viso della Santa. Dice l’artista: “Ho immaginato che la Santa Barbuta, per ottenere la grazia, per prepararsi quindi al miracolo avesse conservato per 7 giorni parti della sua folta capigliatura, ogni giorno trascrivendo un pezzo del salmo 139 su quaderni che si legano cosi agli ex voto tramite un filo rosso come rossa sarà la performance in onore dell’abito della santa, lavorando sul sospetto che illumina ogni forma di miracolo: l’autoinduzione. In questo caso potremmo chiederci “e se si fosse creata da sola quel deturpamento mettendo da parte giorno dopo giorno, ritualmente,  i capelli necessari per imbastirsi il viso?” L’ambiguità è il tema vacillante in ogni credenza. Devo dire poi che il numero delle ciocche ritrovate e dunque per l’installazione mi colpi molto perche è un numero ricorrente fino allo sfinimento nel mio lavoro: erano 70 come il  “70 volte 7” che porto sempre nelle opere seriali e che riguardano il tema del Perdono ( nel vangelo i discepoli chiedono a Gesú : Maestro quante volte dobbiamo perdonare? Sette volte?” E Gesù rispose: “Non sette volte ma settanta volte sette”). Diciamo che il caso non mi è sembrato più un caso. E avevo forse anche io bisogno di affrontare il tema della dedizione e del deturpamento in questo modo, dichiarando una direzione spirituale che ambiguamente mi determina”

La seconda parte della residenza riguarda la performance Santa Barbuta che l’artista dedica al grido muto Noli Me Tangere che immagina nascosto nella bocca della santa del trittico che l’artista rende sua e che ricopre completamente con una barba di canapa folta e lunga fino alle ginocchia, che quasi ricopre tutto il corpo

Dice l’artista: “da ragazza mi preparavo per fare una scelta simile. E il tema della protezione tramite l’orrendo e la deturpazione del viso, mi è cosí caro che l’ho fatto mio da molti anni tanto che spesso cosi irriconoscibile è diventato il mio vero volto, la mia reale possibilità di riconoscimento, liberando una parte di me che non potrebbe circolare diversamente che nelle performance, perché è l’unico modo che conosco per pregare,. Ogni performance per me è  sempre una forma di preghiera. E cosi, anche in questo caso, dopo essermi coperta di gesso, mi sono ricoperta ancora con una lunga barba rossa selvaggia fatta di canapa, ossia del materiale interno e anche esterno delle mie sculture e che richiama le radici della mia terra dove ho imparato a pregare, che ho infoltito fino al pube, una forzatura  femminile e sessuale della dedizione, la castitá di un corpo che si apre in un urlo muto: in mezzo alla confusione del volto che non ha più connotati si apre un buco. Quel buco, quel grido richiamano dunque l’organo sessuale più nascosto, una forza primordiale legata alla parola non pronunciabile, che potrebbe anche non parlare e dalla quale tutta l’iconografia cristiana pare permeata.”

 

Con queste parole l’artista ci riporta cosi ancora una volta al dato autobiografico che all’interno del suo percorso artistico ci fa capire in quanti modi è possibile scrivere una propria biografia.

"Santa barbuta. Preparazione al miracolo", Museo Macro Asilo di Roma
"Santa barbuta. Preparazione al miracolo", Museo Macro Asilo di Roma

vedi galleria della residenza
PREPARAZIONE AL MIRACOLO

vedi galleria della performance
SANTA BARBUTA

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